Banca Carige S.p.A. si è da sempre posta valori quali prudenza, lungimiranza, sobrietà e competenza, ma dal 2012 vive una grave situazione di difficoltà economico-patrimoniale – imputabile ad una gestione non sempre oculata e trasparente – che ha portato alla consunzione di tre aumenti di capitale, per un totale di oltre 2 miliardi di Euro.

Ad oggi, gli azionisti di Banca Carige hanno perso l’82% del valore delle loro azioni in un anno ed addirittura il 98% in 3 anni. La redditività dell’Istituto ha iniziato ad indebolirsi a causa del progressivo deterioramento della qualità dei propri crediti e della diminuzione dei proventi di gestione attivi.

Ricapitoliamo ora quanto successo nell’ultimo anno, e cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi.

Nel 2018 il Gruppo Carige non è stato in grado di rispettare il requisito patrimoniale complessivo (Overall Capital Requirement – OCR) stabilito dalla BCE, predisponendo nel giugno 2018 un piano di conservazione del capitale.

Il CDA della Carige ha approvato una manovra di rafforzamento patrimoniale

Nel mese di novembre u.s., il nuovo Consiglio di Amministrazione ha approvato i risultati consolidati dei primi nove mesi del 2018, attestanti una perdita significativa di 188,9 milioni di euro e, di conseguenza, causando il superamento del limite del terzo del capitale sociale.

Il CDA ha deliberato quindi un’ulteriore manovra di rafforzamento patrimoniale comprensiva di due fasi:

  • l’emissione di obbligazioni subordinate (Tier 2) per un ammontare compreso tra 320 e 400 milioni di Euro, supportato dal FITD;
  • un successivo aumento di capitale dell’ammontare massimo di 400 milioni di euro, che avrebbe dovuto assicurare il rimborso dello strumento di Tier 2 in denaro o mediante conversione delle obbligazioni in azioni.

Il 22 dicembre 2018, durante l’assemblea degli azionisti, è stata approvata la riduzione del capitale sociale, ma non è stata approvata la proposta di aumento del capitale sociale a causa dell’astensione del primo azionista, Malacalza Investimenti S.r.l.

L’8 gennaio 2019 il Consiglio dei Ministri, con il Decreto-Legge “Salva banche”, ha previsto la possibilità per lo Stato di:

  • concedere una garanzia pubblica sulle obbligazioni di nuova emissione di Carige;
  • sottoscrivere azioni Carige di nuova emissione.

Con tale decreto il governo sarebbe autorizzato ad “erogare sostegno pubblico alla Banca Carige Spa, anche in esito delle prove di stress effettuate a livello nazionale, dell’Unione europea e del Meccanismo di vigilanza unico”.

Il decreto Carige emanato dal Governo

L’ 11 Febbraio 2019 si è svolta alla Camera dei Deputati la discussione generale sul decreto Carige emanato dal Governo, mentre le votazioni sugli emendamenti sono iniziate il 12 Febbraio. Il testo dovrebbe passare al Senato entro il 2 marzo p.v. in quanto – entro il 7 dello stesso mese – dovrebbe essere convertito in legge dal Parlamento.

La garanzia statale sulle passività di nuova emissione di Carige, fino a un valore nominale di 3 miliardi di Euro, sarà concessa solo dopo la positiva decisione della Commissione europea, con l’obbligo in capo alla banca in questione di presentare entro due mesi un piano di ristrutturazione volto a confermare la propria redditività e capacità di raccolta a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico. Il limite temporale entro cui il Ministero dell’Economia è autorizzato a realizzare le operazioni di supporto pubblico è fissato al 30 settembre 2019.

A seguito del provvedimento della CONSOB dello scorso 2 gennaio, le negoziazioni delle azioni già sottoscritte, il cui valore è stato azzerato, sono sospese a tempo indeterminato con conseguente cristallizzazione della relativa perdita di valore sino a quando non saranno adottati nuovi provvedimenti.

La richiesta di fondi al mercato da parte di Banca Carige dovrà essere accompagnata inevitabilmente da una chiara definizione di un piano di uscita dall’attuale gravosa situazione, i cui punti più critici saranno l’approvazione di un nuovo piano industriale – atteso per il 27 febbraio p.v. – e l’individuazione di un partner bancario per la fusione.

La domanda è: chi sarà disposto ad integrarsi con i Malacalza (che per la cronaca hanno visto sfumare una grande fetta del proprio capitale, circa 400 milioni di euro), considerando che diverse banche italiane quali Intesa Sanpaolo, UBI Banca, BPER e Unipol, si sono già dette non interessate alla fusione con Carige?

Va sottolineato inoltre che – ad oggi – per la fusione non è stato esclusa la possibilità di integrazione con un istituto di medie dimensioni.