Nel settore dell’autotrazione e della logistica italiana si è aperta una fase che potrebbe segnare un punto di svolta nella governance dei costi del carburante e nella responsabilità delle grandi compagnie petrolifere. Il 26 settembre 2025 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha concluso l’istruttoria nei confronti di sei operatori dominanti – Eni, Esso Italiana, Italiana Petroli (IP), Kuwait Petroleum Italia (Q8), Saras e Tamoil – comminando sanzioni per un totale di oltre 936 milioni di euro. Al centro dell’indagine, una presunta intesa anticoncorrenziale relativa al mercato dei biocarburanti.

Un cartello sul prezzo della componente “bio”

L’indagine è nata da una segnalazione anonima e ha preso in esame il periodo compreso tra il 1° gennaio 2020 e il 30 giugno 2023. L’accusa è che le compagnie abbiano coordinato la determinazione del valore della cosiddetta “componente bio” nei carburanti tradizionali, cioè quella parte del prezzo che riguarda l’obbligo normativo di immettere in consumo una quota minima di biocarburanti.

In sostanza, la “componente bio” è un costo tecnico che riflette la quota obbligatoria di biodiesel o bioetanolo presente nella benzina e nel gasolio venduti al dettaglio. Secondo l’Autorità, le imprese avrebbero manipolato tale componente al fine di trasferire sul mercato prezzi artificialmente elevati, determinando un riallineamento dei listini che ha superato il normale gioco della concorrenza.

I numeri raccontano molto: nel 2019 il valore medio della componente bio era di circa 20 euro per metro cubo di carburante, ma nel 2023 era già arrivato a 60 euro. Un aumento triplicato, in un contesto in cui le sei società detenevano tra l’85% e il 95% del mercato italiano del carburante per autotrazione. In altre parole, il margine di concorrenza residuo era minimo.

L’Antitrust ha individuato varie modalità con cui il coordinamento sarebbe avvenuto: scambi informativi diretti e indiretti, condivisione di dati attraverso il quotidiano di settore “Staffetta Quotidiana” e rialzi simultanei dei prezzi. Tutto ciò avrebbe consentito alle compagnie di monitorare l’allineamento reciproco, generando un effetto di cartello stabile nel tempo.

Il provvedimento dell’AGCM è uno dei più pesanti mai emessi in Italia per pratiche anticoncorrenziali. Le sanzioni sono state così distribuite: circa 336 milioni di euro a Eni, 172 milioni a Q8, 164 milioni a IP, 129 milioni a Esso, 91 milioni a Tamoil e 44 milioni a Saras.

L’impatto per le imprese e per il mercato

Per le aziende di trasporto e logistica, le implicazioni del provvedimento sono tutt’altro che marginali. Il carburante rappresenta una delle principali voci di costo – tra il 25% e il 40% delle spese operative – e qualsiasi distorsione nei prezzi si traduce direttamente in un effetto sui margini e sulla competitività.

L’Antitrust ritiene che, a causa dell’intesa accertata, molte imprese abbiano pagato un prezzo più alto di quello che sarebbe derivato da un mercato realmente competitivo. Chi ha acquistato carburante dalle compagnie coinvolte nel periodo 2020-2023 potrebbe dunque aver sostenuto un sovrapprezzo significativo. Di conseguenza, queste aziende potrebbero oggi vantare un diritto al risarcimento del danno, pari alla differenza tra quanto effettivamente pagato e quanto avrebbero dovuto pagare in assenza del cartello, con l’aggiunta di interessi e rivalutazione monetaria.

L’effetto non si limita ai trasportatori. Anche i settori a valle – logistica integrata, produzione e distribuzione – potrebbero essere stati colpiti indirettamente, poiché i maggiori costi del carburante si riflettono a cascata sui prezzi finali. In un periodo in cui le imprese già fronteggiano rincari energetici, materie prime costose e margini ridotti, l’esistenza di un sovrapprezzo “organizzato” amplifica la perdita di efficienza dell’intero sistema produttivo.

L’azione collettiva di Martingale Risk

Per reagire a questa situazione, Martingale Risk – società specializzata nella gestione di contenziosi collettivi e nella quantificazione dei danni antitrust – ha promosso un’azione collettiva rivolta alle imprese che hanno acquistato carburante dai soggetti sanzionati nel periodo oggetto di istruttoria.

L’iniziativa è aperta a imprese di autotrasporto, operatori logistici, aziende con flotte aziendali, enti pubblici e privati che ritengono di aver subito un danno economico. L’adesione non prevede esborsi iniziali: le spese legali e peritali vengono sostenute da Martingale Risk fino all’eventuale recupero dei risarcimenti. L’obiettivo è ottenere un ristoro per il sovrapprezzo ingiustificato derivante dal cartello dei biocarburanti.

Cosa possono fare ora le imprese

La prima mossa per chi opera in settori ad alta intensità di carburante è verificare le forniture del periodo 2020-2023. Per aderire all’azione collettiva, occorre raccogliere le fatture di acquisto di carburante nel periodo rilevante: Martingale Risk offre a tutte le società interessate un’analisi preliminare e gratuita della loro posizione, volta a quantificare il danno e a verificare se ci sono gli estremi per aderire alla class action. In seguito, Martingale Risk formalizzerà un’offerta contrattuale di adesione a zero costi iniziali e zero rischi, richiedendo unicamente una percentuale sulle somme recuperate e solo a risarcimento avvenuto.

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