Il passato delle obbligazioni subordinate MPS continua a creare voragini nei portafogli dei piccoli risparmiatori. Ma negli ultimi giorni tre investitori – seguiti dal team tecnico-legale di Martingale Risk – hanno ottenuto altrettanti verdetti che non lasciano spazio a interpretazioni: gli intermediari non hanno rispettato gli obblighi informativi. E quando le informazioni mancano, la responsabilità ricade sulla banca.
Il bilancio complessivo? Oltre 104 mila euro recuperati.
1) La coppia toscana e la conversione forzosa: informazione assente, capitale bruciato
Il primo caso riguarda una coppia toscana che aveva comprato obbligazioni subordinate MPS 10/20 5,6%. Durante il salvataggio dell’istituto, i titoli furono convertiti forzosamente in azioni, con un esito tragico: capitale di fatto azzerato. La ricostruzione tecnica di Martingale Risk ha mostrato che la banca intermediaria da cui i due hanno acquistato i titoli non aveva spiegato la natura subordinata dello strumento né i rischi connessi. Tradotto: gli investitori non erano stati messi in condizione di comprendere che, in caso di crisi dell’emittente, quelle obbligazioni sarebbero state tra le prime a saltare.
Il Tribunale di Livorno prima e la Corte d’Appello di Firenze poi hanno confermato la responsabilità dell’intermediario, imponendo un risarcimento di 26.012,97 euro più interessi.
2) Due investitori campani e il canale online: documenti mai consegnati, MiFID inesistente
Il secondo caso arriva dalla Campania: due risparmiatori che avevano acquistato obbligazioni subordinate MPS tramite la piattaforma online della banca. L’Arbitro per le Controversie Finanziarie ha rilevato un elenco di omissioni non proprio veniali: nessuna scheda prodotto o prospetto informativo prima dell’ordine; piattaforma telematica incapace di garantire che l’investitore visionasse e accettasse la documentazione; per una cliente assente il questionario MiFID; per l’altro investitore, un modulo superato e privo dei dati necessari.
Senza una profilatura adeguata, è impossibile dimostrare che lo strumento fosse coerente con conoscenze ed esperienza dell’investitore. L’ACF ha riconosciuto la responsabilità della banca e disposto un risarcimento di 34.499,02 euro. Con un chiarimento importante: il canale online non attenua gli obblighi di tutela. L’informazione deve essere chiara, preventiva e completa. Punto.
3) Il terzo investitore toscano: nessun aggiornamento sui rischi, MiFID inutilizzabile
Il terzo caso, sempre davanti all’ACF, ha mostrato un quadro perfino più grave. L’intermediario non aveva informato il cliente del peggioramento dei conti di MPS, del downgrade del rating, della concreta possibilità di un bail-in. In pratica, l’investitore aveva comprato un titolo ad alto rischio senza alcun contesto informativo aggiornato.
La profilatura MiFID? Datata, incoerente, in certi punti non firmata. Insufficiente persino per dimostrare che l’intermediario sapesse chi avesse davanti.
L’ACF ha imposto un risarcimento di 44.329,57 euro, comprensivo di rivalutazione e interessi.
Tre vicende, un messaggio nitido: chi non informa paga
Queste tre decisioni – due dell’ACF e una della giustizia ordinaria – confermano un trend ormai evidente: quando l’intermediario non informa, non aggiorna il profilo MiFID o non consegna la documentazione essenziale, il rischio non resta in mano al cliente ma torna alla banca.
Martingale Risk ha seguito tutte le fasi tecniche e legali, ricostruendo gli errori, smontando le difese e dimostrando ogni omissione. Oltre 104 mila euro recuperati in pochi giorni ne sono la prova.
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