La storia di Campari è profondamente intrecciata con quella della tradizione italiana, sin dal 1860, quando Gaspare Campari creò l’iconico bitter rosso che ancora oggi rappresenta uno dei simboli più riconoscibili del marchio e del Made in Italy enogastronomico. Negli anni successivi, la piccola attività familiare crebbe progressivamente, fino a trasformarsi in una realtà industriale con la costruzione, nel 1904, dello storico stabilimento di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano.

Durante il Novecento, Campari ha saputo espandersi oltre i confini nazionali, diventando un gruppo internazionale grazie a una strategia di acquisizioni mirate. Tuttavia il cambio di passo si ha a partire dagli anni 2000, periodo durante il quale il portafoglio di marchi è cresciuto continuamente, con l’ingresso di nomi di grande prestigio come Averna, Grand Marnier, Lascelles de Mercado e altri brand del settore spirits. Questa crescita ha consolidato la posizione di Campari come uno dei principali player mondiali nel mercato degli alcolici premium, permettendole di competere con colossi come Diageo e Pernod Ricard.

La crescita del Gruppo Campari è stata resa possibile anche dalla sua quotazione nella Borsa Italiana del 2001, con l’obiettivo di raccogliere capitali e dare maggiore visibilità internazionale al gruppo. Negli anni successivi il titolo ha mostrato un andamento generalmente positivo, sostenuto dall’espansione internazionale e dalla solidità del marchio.

Il crollo delle azioni e la vicenda giudiziaria

Anche la distribuzione dei dividendi ai suoi azionisti, grande indicatore della solidità e della credibilità di una Società per azioni, sono sempre stati regolari, seppure con importi contenuti rispetto ad altre società del settore. Negli ultimi esercizi, il dividendo annuo si è attestato attorno a 0,065 euro per azione, riflettendo una politica prudente, volta a mantenere risorse per finanziare nuove acquisizioni e strategie di espansione. Questa strategia di crescita, tuttavia, ha visto segnali poco incoraggianti sull’andamento del titolo a partire dal 2024. Infatti le azioni hanno registrato una perdita di valore più alta del 27% su base annua, una flessione significativa che ha attirato l’attenzione degli investitori e degli analisti, preoccupati dall’instabilità legata a fattori esterni e a vicende societarie che hanno scosso la fiducia del mercato.

Il momento di svolta è arrivato con la notizia di un’indagine fiscale che ha coinvolto Lagfin, la holding di controllo della famiglia Garavoglia, azionista di maggioranza di Campari. L’inchiesta della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate ruota attorno a una presunta evasione fiscale di circa un miliardo di euro, basata su una base imponibile stimata in cinque miliardi.

Il cuore della contestazione riguarda un’operazione di fusione transfrontaliera che ha visto la precedente holding Alicros fondersi con Lagfin, con sede in Lussemburgo. Secondo le autorità italiane, questa riorganizzazione societaria avrebbe potuto costituire una stabile organizzazione occulta in Italia, con l’obiettivo di evitare il pagamento della cosiddetta “exit tax” dovuta in caso di spostamento all’estero della sede fiscale.

Campari, dal canto suo, ha preso le distanze dall’indagine, sottolineando che né la società quotata né le sue controllate risultano indagate. Tuttavia, l’impatto reputazionale della vicenda è stato immediato: la notizia ha scosso la fiducia degli investitori e ha contribuito al calo del titolo in Borsa. Questa situazione ha creato un clima di incertezza, alimentato dal timore che eventuali sanzioni o dispute legali possano avere ripercussioni indirette sulla governance e sulla stabilità finanziaria del gruppo.

In risposta alle difficoltà di mercato e per dimostrare fiducia nelle prospettive a lungo termine, Campari ha avviato un programma di acquisto di azioni proprie. Nel febbraio 2025, ad esempio, la società ha effettuato acquisti sul mercato a un prezzo medio di circa 5,34 euro per azione.

Questi interventi avevano una duplice finalità. Da un lato, cercare di sostenere il prezzo del titolo, dando un segnale positivo agli investitori e stabilizzando il valore di mercato. Dall’altro, riducendo il numero di azioni in circolazione, si migliora il rendimento per azione, con benefici indiretti per i soci rimasti. Tuttavia, si tratta di una strategia di breve termine, che non affronta le cause strutturali alla base delle recenti difficoltà e che quindi potrebbero, come avvenuto in passato per altre Società che si sono trovate in condizioni simili, non essere sufficienti.

Da quell’operazione, infatti, il titolo aveva all’inizio riacquisito valore, per poi vedere una nuova caduta che tutt’oggi sta tendendo ai valori minimi degli ultimi anni.

Risarcimento azioni Campari: ecco come ottenerlo

Nel caso di Campari, se emergesse che le informazioni sul Titolo sono state trattenute o diffuse in modo inadeguato, gli investitori che hanno acquistato le azioni prima del crollo potrebbero tentare un’azione legale, sostenendo di essere stati danneggiati da una violazione degli obblighi di trasparenza. Va sottolineato, però, che queste cause sono spesso complesse e richiedono prove solide, oltre a una correlazione diretta tra la condotta della società e la perdita patrimoniale subita. In molti casi, le controversie si chiudono senza risarcimenti diretti per i singoli investitori.

La strada più concreta per ottenere un risarcimento delle perdite subite con le azioni Campari passa oggi attraverso un’azione legale contro le banche intermediarie che hanno collocato questi titoli. Gli investitori possono ricorrere a una causa ordinaria o avviare un procedimento dinanzi all’ACF (Arbitro per le Controversie Finanziarie presso la Consob) per far valere le responsabilità degli istituti coinvolti.

Se per i risparmiatori privati la reale esposizione al rischio di questi strumenti finanziari poteva risultare poco evidente, lo stesso non si può dire per gli operatori qualificati, incluse le banche italiane, che hanno continuato a raccomandare e distribuire le azioni senza fornire informazioni adeguate sulla situazione finanziaria dell’emittente. Di conseguenza, molti investitori si sono trovati esposti a un livello di rischio ben superiore a quello che avrebbero accettato consapevolmente.

Il mancato rispetto degli obblighi informativi da parte degli intermediari rappresenta un punto centrale della questione. Le banche avrebbero dovuto agire con diligenza, fornendo ai clienti un quadro chiaro e trasparente della sostenibilità finanziaria di Campari e del rischio concreto di perdita del capitale. Invece, tali titoli sono stati spesso collocati anche a investitori con profili di rischio non compatibili, in contrasto con i principi di tutela sanciti dalla normativa vigente.

A questo proposito, va ricordato che gli intermediari finanziari sono tenuti a profilare i clienti attraverso il questionario MiFID, uno strumento che serve a valutare esperienza, conoscenza, propensione al rischio, obiettivi di investimento e situazione finanziaria. Qualsiasi influenza indebita sulle risposte o un’errata valutazione del profilo dell’investitore può configurare una violazione delle norme a tutela del risparmio. In caso di incoerenze o risultati inaffidabili, la banca ha l’obbligo di rivedere la profilatura prima di proporre investimenti potenzialmente inadeguati.

Risarcimento delle perdite da azioni Campari: affidati a Martingale Risk

Martingale Risk supporta gli investitori nella tutela dei propri diritti, offrendo assistenza per avviare azioni risarcitorie contro gli intermediari che non hanno rispettato gli obblighi previsti dalla normativa italiana (Codice Civile, Testo Unico della Finanza, regolamenti Consob) ed europea (Direttiva MiFID). Per sottoporci il tuo caso, contattaci cliccando qui.